L’esempio è la leadership. (Albert Schweitzer)
Pensi di essere un buon “capo”? Un buon “dirigente”? Ti ritieni un “ottimo imprenditore”?
Se negli ultimi cinque anni almeno tre dei tuoi collaboratori o dipendenti migliori se ne sono andati, quelli rimasti sono scontenti o continuano a chiederti un aumento di stipendio, dovresti leggere questo articolo.
Ho lavorato come dipendente per 15 anni in vari settori, dalla semplice impiegata a dirigente. Ho notato che, nonostante le diversità, ci sono degli elementi in comune che mi hanno sempre mandato in bestia. Da impiegata e da dirigente.
Mi sono resa conto che quando i risultati che ottenevo non venivano riconosciuti o ero obbligata a fare qualcosa che non rientrava nelle mie mansioni, l’unico modo per farmi andare giù l’insoddisfazione era almeno un aumento di stipendio. Una soluzione temporanea in attesa che cambiasse qualcosa.
Alcuni dei posti in cui ho lavorato hanno provato a mettere in atto delle trasformazioni positive, alcuni ci sono riusciti e altri sono falliti miseramente.
Dove si incaglia il processo?
Siamo tutti uguali.
Cazzata numero uno. No, non lo siamo. Nella maggior parte delle organizzazioni esistono ancora le gerarchie. Ci sono i dirigenti. Ci sono i “capi”. Ogni volta che si scambia “dirigere” con “esercitare il potere come mi va”, non siamo tutti uguali.
Ma questo merita un discorso a parte, in un prossimo articolo.
In uno dei posti dove ho lavorato, una delle regole era che le porte degli uffici fossero tenute sempre aperte per favorire lo scambio di comunicazione e la condivisione. Vigeva il divieto di mangiare alla scrivania perché c’era una cucina attrezzata per “socializzare”. Peccato che i dirigenti, che avevano approvato le regole, fossero i primi a restare nella loro stanza, chiusa, anche durante la pausa pranzo.
Se vuoi che tutti siano uguali, comincia tenendo in considerazione le opinioni delle persone che lavorano con te e per te. Senza di loro, non dirigeresti un bel niente.
Non sei una “cosa” ma una persona.
Cazzata numero due. Se durante le riunioni dei dipendenti parli di “costi del personale” per riferirti agli stipendi e ai bonus di produzione e di “investimenti” per riferirti alle stampanti nuove, abbiamo un problema. La stampante non cresce. Non si evolve. Non può migliorare giorno per giorno. Non è un investimento. Una persona, si.
Se vuoi trattare le persone come esseri umani, comincia dalle cose semplici. Buongiorno e buon lavoro al mattino, è già qualcosa. La stampante non ti risponde.
Ti sto spronando a fare meglio.
Cazzata numero tre. Se mi fai una sfuriata nel corridoio davanti ai colleghi per un errore commesso perché non mi hai dato una scadenza ragionevole, non mi stai spronando. Mi stai umiliando.
Se vuoi spronare le persone a fare meglio, fai dei colloqui individuali. Evidenzia un errore e chiedi come si poteva fare diversamente. Porta alla luce una circostanza in cui quella persona ha dato il meglio e apprezza il risultato che ha ottenuto. Gli errori si risolvono in privato, il successo si festeggia in pubblico.
Stiamo facendo gruppo.
Cazzata numero quattro. Dare nomignoli davanti alla macchinetta del caffè a chi non è presente o a chi fa un lavoro meno retribuito del tuo, non è fare gruppo. E’ prendere in giro chi non si può difendere perché non c’è o non ne ha la possibilità.
Se vuoi fare gruppo, crea un gruppo. Scopri le cose che hanno in comune le persone che collaborano con te e dai un senso al loro lavoro di squadra.
Ci vuole disciplina.
Cazzata numero cinque. Se hai stabilito di fare ogni settimana una riunione interna per esaminare le scadenze e pianificare il lavoro, rimandarla per tre volte di fila uscendo con il borsone del tennis in spalla, non è disciplina. E’ incostanza.
Definisci cosa intendi per disciplina. Se una persona finisce il suo lavoro prima del tempo e bivacca alla macchinetta del caffè, puoi cercare di proporgli qualcosa di più stimolante o di prendersi un permesso all’ultimo minuto come ricompensa per il lavoro svolto.
Ho incontrato “capi” e “dirigenti” che hanno trasformato in modo positivo l’ambiente di lavoro.
Chi è stato?
Chi ha dato l’esempio. Chi ha stabilito delle regole sensate e le ha rispettate per primo. Chi, prima di essere dirigente, si è sentito parte dell’organizzazione per cui lavorava e ha fatto sentire me importante allo stesso modo.
Chi ha compreso che l’esempio è la leadership, la capacità di guidare le persone, non di dirigerle, verso il meglio per se stessi e l’organizzazione in cui lavorano.
Ti svelo un segreto. Queste persone non si considerano dirigenti né capi. Non “hanno” una squadra, “sono” nella squadra.
Dedico le ultime righe di questo articolo per ringraziare le persone che hanno fatto parte di ogni squadra in cui ho lavorato e per quelle che faranno parte delle squadre future.
Ognuna di loro ha lasciato una traccia e mi sorprendo di come, a volte anche a distanza di parecchi anni, scopro di aver lasciato qualcosa nella loro vita professionale e privata.
La strada per diventare leader comincia quando dai un taglio alle cazzate.
A presto!